Omicidio Ancona, Bruzzone: "Con Erika miti, ma ecco perché minore età della figlia non è un'attenuante"
E' stata condannata a 18 anni di carcere la diciassettenne di Ancona ritenuta complice del fidanzato, reo confesso del duplice omicidio dei genitori di lei avvenuto il 7 novembre del 2015.
I genitori furono uccisi con una raffica di colpi sparati con una pistola calibro 9, perché si opponevano alla relazione fra i due giovani.
Ma è giusto condannare una ragazza minorenne ad una pena così dura?
Per la criminologa Roberta Bruzzone intervistata da Intelligonews non ci sono dubbi: "La pena è congrua".
Dottoressa Bruzzone, la ragazza non è esecutrice materiale dell'omicidio dei genitori ma complice del fidanzato. La condanna a 18 anni non è forse troppo severa?
"Assolutamente no, in considerazione della modalità con cui l’omicidio è stato commesso, con la premeditazione e il concorso pieno della ragazzina con il fidanzato ritengo la pena congrua"
Ma si tratta pur sempre di una minorenne?
"Si, ma stiamo parlando di una ragazza di 17 anni non di 14. Siamo in presenza di un omicidio pluriaggravato dove il ruolo della ragazza è stato molto importante, direi decisivo per il giudice vista la condanna. Il concorso si configura non solo nella fase esecutiva ma anche in quella dell'azione. Leggeremo poi le motivazioni della sentenza ma mi pare che la pena sia giusta e proporzionata alla gravità del fatto commesso. La minore età non può essere un'attenuante e non può giustificare le peggiori nefandezze. Già abbiamo assistito al caso di Novi Ligure dove le pene sono state piuttosto miti e i due fidanzatini, Erika e Omar, colpevoli dell'efferato omicidio della madre di lei sono stati in carcere nemmeno dieci anni. Ma qui la questione è altrettanto grave. Quel ragazzo è entrato in quella casa con il chiaro intento di eliminare i genitori della ragazza che ostacolavano la loro relazione e lei lo ha aiutato in tutto. 17 anni è un’età in cui la capacità di valutazione è già matura"
Però i nonni della ragazza, sia materni che paterni, non si sono voluti costituire parte civile e la difendono
La ragazza alla lettura della sentenza pare sia scoppiata in lacrime: pentimento per ciò che ha fatto o paura di dover scontare una pena così dura?
"Credo che in lei sia maturata la piena consapevolezza di ciò che ha fatto. Forse prima della sentenza non se ne era resa conto fino in fondo. La prospettiva di dover trascorrere almeno dieci anni in carcere certamente le ha fatto capire quanto grave sia stato il suo gesto. Il fatto che questi pianti arrivino dopo le sentenze mi fa dubitare che possano essere autentici segnali di rimorso e pentimento". fonte
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