La storia di Roy Cleveland Sullivan sembra uscita da un fumetto di supereroi, ma è tutto vero. Quest’uomo, guardia forestale nello Shenandoah National Park in Virginia, è entrato nel Guinness dei Primati per un record incredibile: è stato colpito da un fulmine ben sette volte nell’arco della sua vita… e ne è sempre uscito vivo!
Le sette scariche della sorte
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1942 – Il primo colpo
Roy stava lavorando su una torre di sorveglianza quando un temporale colpì. La torre non aveva un parafulmine e un fulmine lo centrò, bruciandogli una gamba e lasciandolo privo di un’unghia dell’alluce. -
1969 – Il secondo fulmine
Mentre guidava lungo una strada di montagna, una scarica attraversò la sua auto, facendogli perdere conoscenza. Sopravvisse, ma con sopracciglia e capelli bruciati. -
1970 – Il terzo colpo
Questa volta il fulmine lo colse nel suo cortile. Gli bruciò la spalla sinistra, ma lui si rialzò e andò avanti. -
1972 – Il quarto fulmine
Durante un’escursione nei boschi, fu colpito di nuovo. Gli incendiò i capelli e per spegnere le fiamme si tuffò in un ruscello. -
1973 – Il quinto colpo
Mentre pattugliava il parco, il cielo lo prese di mira ancora. Questa volta il fulmine lo colpì in testa, lo fece cadere e gli bruciò di nuovo i capelli. -
1976 – Il sesto fulmine
Era tranquillamente in un campeggio quando il sesto fulmine lo colpì alla caviglia. Forse i fulmini si erano affezionati… -
1977 – L’ultima scarica
Roy stava pescando quando un fulmine gli colpì la testa e il petto. Sopravvisse ancora una volta, ma non fu la natura a fermarlo: morì nel 1983, all’età di 71 anni, per un colpo di pistola, in circostanze mai del tutto chiarite.
Sfortuna o superpoteri?
Gli esperti dicono che la probabilità di essere colpiti da un fulmine una sola volta è di circa 1 su 15.000. Essere colpiti sette volte è qualcosa di praticamente impossibile, eppure Roy Sullivan è la prova vivente (o meglio, lo è stato) che certe coincidenze sfidano ogni statistica.
Forse i fulmini lo inseguivano, forse aveva un’attrazione magnetica speciale… o forse, semplicemente, era l’uomo più (s)fortunato del mondo.
Sulla lapide avrebbe dovuto scrivere "Ve lo dicevo che c'è l'aveva con me"
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