KUM! FESTIVAL – LO PSICOANALISTA RECALCATI ALLA MOLE

Massimo Recalcati, uno dei più noti psicoanalisti italiani e figura intellettuale di primo piano nel Paese, ha scelto Ancona per l’ambizioso progetto di un festival dedicato al concetto contemporaneo di cura. Il Festival si chiamerà “KUM!Curare, Educare, Guarire” e sarà presentato in anteprima nel corso della sua edizione zero, prevista alla Mole Vanvitelliana di Ancona sabato 5 novembre 2016.
Kum! Festival avrà cadenza annuale e rappresenterà un momento di riflessione e costruzione del sapere sul tema della cura contemporanea.
Il comitato scientifico è composto da Massimo Recalcati, che lo presiede, da Rocco Ronchi e da Pierre Magistretti, mentre il ruolo di coordinatore scientifico spetta a Federico Leoni.
Questa edizione zero di KUM! Curare, Educare, Governare è ospitata all’interno del ciclo di attività collegate alla mostra Ecce Homo e si svolgerà presso l’Auditorium della Mole Vanvitelliana per tutta la giornata di sabato 5 novembre, con il seguente calendario:
10 – 13 : lectures
Massimo Recalcati – Non c’è cura se non del particolare
Rocco Ronchi – L’Utopia della salute
15:30 – 18: 30
Tavola rotonda – Il racconto della Cura
con Federico Leoni, Andrea Bellavita, Franco Lolli, Massimo Recalcati
A seguire presentazione di Kum!Festival 2017.
Per il partecipanti che lo volessero, alle 14 e 30 e alle 19 è prevista una visita guidata alla mostra Ecce Homo.
La manifestazione è organizzata dal Comune di Ancona, con il coinvolgimento degli Assessorati alla Cultura, ali Servizi Sociali e alle Politiche Educative.
Per avere informazioni e prenotare il proprio posto per gli appuntamenti del 5 novembre:
contatti@kumfestival.it
http://kumfestival.it
o contattare l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ancona
Qui di seguito un testo di presentazione di KUM! Festival a cura di Massimo Recalcati:
Queste giornate nascono dal desiderio di riflettere su qualcosa di fondamentale, nascono dal desiderio e dalla necessità profonda e urgente di riflettere su quel fatto antropologico totale che è la cura. “KUM” è il nome che abbiamo voluto dare a queste giornate. È la parola che Gesù rivolge alla fanciulla che ha appena risanato. “Kum!” significa appunto: “Alzati!”, “Alzati, fanciulla!”. Questa parola mi è sembrata l’emblema della cura, e mi è sembrata anche l’emblema del fatto che ciò che cura è sempre una parola, è sempre anche una parola. In ogni pratica umana, in ogni fatto antropologico c’è una parola che cura e una parola che accompagna la cura. Abbiamo scelto anche un sottotitolo su cui vale la pena soffermarsi. “Educare, curare, governare”. È un sottotitolo che proviene da una celebre frase di Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi. Una frase in cui Freud metteva l’accento sulle difficoltà della cura, e insieme mostrava la parentela che lega tutte le professioni della cura, e che di fatto lega tutte quelle professioni a una comune difficoltà, a una comune fatica quotidiana, a una comune esposizione a uno scacco sempre possibile. Freud in quella pagina famosa ci parla della difficoltà, addirittura dell’impossibilità di curare, di educare, di governare. Sono le tre professioni impossibili, come le definisce Freud. Ecco le sfaccettature di cui parlavo, ecco le tante sfaccettature di quel fatto antropologico totale che è la cura. C’è chi si prende cura della polis, perché fa politica. C’è chi si prende cura di un bambino, perché fa l’educatore. C’è chi si prende cura di un paziente, perché fa il medico, perché fa lo psicoanalista, perché svolge una delle tante professioni che si misurano con la fragilità, con la minaccia della sofferenza, con la speranza della guarigione, col miracolo della vita che ricomincia, della vita che si rialza. Sono tutte sfaccettature di questo fatto antropologico fondamentale che è il prendersi cura, e sono sfaccettature che ci mostrano due cose almeno, due cose su cui avremo modo di riflettere in queste giornate. Ci mostrano da un lato che quel fatto fondamentale è un fatto ogni volta particolare, è un fatto ogni volta demandato a tecniche specifiche, a pratiche peculiari, a competenze specialistiche; ma dall’altro lato che quel fatto è anche ogni volta un fatto umano, un fatto complessivamente umano, un fatto antropologico totale, un fatto che non riguarda solo un corpo da rimettere in funzione, non riguarda solo un soggetto da rimettere al suo buon funzionamento psichico o sociale, ma riguarda anche e più profondamente il senso di quella vita che si rialza, il senso umano complessivo di quel ritornare sulle strade della vita, e direi anche il senso umano complessivo di quel ritornare sulle strade di una vita condivisa, di una vita che ritorna ad abitare il desiderio, di una vita che ritorna ad abitare il rapporto con l’altro e con gli altri, che ritorna ad abitare la dimensione dell’altro e degli altri come la dimensione stessa del senso.
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